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2009 dal 5 al 12 Aprile

8a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

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dai GIORNALI di OGGI

OBAMA:

CAMBIEREMO PIANO RILANCIO ECONOMIA

BAD BANK O NAZIONALIZZAZIONI

GAZA, PACE SUBITO

GUANTANAMO FERM. PROCESSI

Ripetuto il Giuramento

2009-01-22

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CORRIERE della SERA

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2009-01-22

"interventi contro hamas e a sostegno della popolazione palestinese"

Medio Oriente, Obama chiama i leader:

"Il mio impegno per una pace durevole"

Colloqui con Abu Mazen, Olmert, Mubarak e Abdallah II. Ban Ki-moon si congratula: "Nuova era tra Usa e Onu"

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Obama incespica sul giuramento

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Barack Obama (Lapresse)

Barack Obama (Lapresse)

RAMALLAH (Cisgiordania) - Barack Obama ha dedicato il suo primo giorno da presidente alla crisi del Medio Oriente. Come aveva promesso, ha aspettato l'investitura ufficiale per pronunciarsi sul conflitto a Gaza.

"PACE DUREVOLE" - In una serie di telefonate ad alcuni leader del Medio Oriente (Israele, Egitto, Giordania e Autorità palestinese) Obama ha sottolineato la sua determinazione "a lavorare per aiutare a consolidare il cessate il fuoco" sottolineando che un contributo verrà dall'"attuazione di efficaci meccanismi che impediscano ad Hamas di riarmarsi" e anche da un "impegno, insieme all'Autorità palestinese, a intraprendere un massiccio sforzo di ricostruzione a beneficio del palestinesi a Gaza". Obama ha concluso che intende lavorare "in stretto contatto con la comunità internazionale" per raggiungere "una pace durevole". E il portavoce Robert Gibbs ha detto che il neopresidente si è impegnato ad "adoperarsi per la pace in Medio Oriente fin dall’inizio del mandato".

ABU MAZEN E OLMERT - Il primo interlocutore del neo inquilino della Casa Bianca è stato Abu Mazen. Lo ha detto il portavoce del presidente dell'Anp, Nabil Abu Rudeina, secondo cui è stato lo stesso Obama a sottolinearlo durante la conversazione telefonica. Nel corso della conversazione, Abu Mazen "ha invitato Obama a lavorare per realizzare la pace sulla base delle risoluzioni internazionali". Sono seguiti il premier israeliano Ehud Olmert, il presidente egiziano Hosni Mubarak e il sovrano giordano Abdallah II. Olmert ha auspicato che l'impegno internazionale contro i traffici di armi verso Gaza possa consolidare il processo di pace e ha assicurato che Israele "farà ogni sforzo" in favore delle esigenze umanitarie della popolazione palestinese della Striscia. Il premier israeliano, ha spiegato un portavoce, si è congratulato con Obama per il suo ingresso in carica e "ha riferito al presidente sulla situazione a Gaza auspicando che gli sforzi di Israele, Egitto, Stati Uniti e Paesi europei per impedire il contrabbando di armi a Gaza abbiano successo in modo che si possa consolidare il cessate il fuoco e in futuro portare avanti il processo politico tra Israele e l'Autorità palestinese".

BAN KI-MOON - Un plauso al successore di Bush è arrivato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, secondo cui si sta aprendo per gli Stati Uniti e l'Onu "una nuova era di partenariato forte ed efficace". Ban Ki-moon ha espresso "grande ottimismo" e si è congratulato con Obama, con l'augurio che Onu e Usa sapranno affrontare "le tante sfide del nostro tempo, come la crisi economica e il surriscaldamento del pianeta, il disarmo e la non proliferazione di armi nucleari - ha spiegato la portavoce del segretario generale -. Sono sfide che richiedono una risposta forte e collettiva. E Obama ha gettato le basi per una politica energetica degli Usa più responsabile".

HILLARY SEGRETARIO - Intanto Hillary Clinton, l'ex first lady, è ufficialmente segretario di Stato Usa. Il Senato ha dato il via libera in serata a Washington a larghissima maggioranza. La Clinton, avversaria alle primarie democratiche del presidente Barack Obama, ha sostituito un'altra donna, Condoleezza Rice, la prima nera ad essere diventata responsabile del Dipartimento di Stato.

21 gennaio 2009(ultima modifica: 22 gennaio 2009)

 

 

 

 

 

l'ipotesi contenuta nella bozza di ordine esecutivo

"Guantanamo chiuso entro il 2009"

Obama chiede di fermare i processi

"Serve un esame approfondito". Ma quattro detenuti si oppongono: sono tra gli imputati per l'11 settembre 2001

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Obama chiuderà subito Guantanamo (12 gen. 2009)

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Gli imputati dell'"11 settembre" vogliono confessare la strage (8 dic. 2008)

WASHINGTON - La base di Guantanamo potrebbe chiudere entro il 2009. L'ipotesi è contenuta in una bozza di ordine esecutivo che attende la firma del presidente americano Barack Obama, riportata dai media, in cui si prevede la chiusura della prigione militare di Cuba entro un anno nell'interesse "della sicurezza nazionale e della politica estera degli Stati Uniti, oltre che nell'interesse della giustizia". Il documento indica anche la revisione dello status di tutti i detenuti e un'immediata ricerca di luoghi alternativi per ospitarli o di paesi disponibili ad accogliere quelli pronti per la scarcerazione. Più volte il neopresidente aveva detto che tra i suoi primi atti ci sarebbe stato l'avvio delle pratiche per lo smantellamento della base voluta da Bush jr e l'annuncio ufficiale della Casa Bianca, secondo indiscrezioni, potrebbe arrivare giovedì.

SOSPESI I PROCESSI - Ma una decisione è già arrivata: il dipartimento della Difesa ha chiesto di sospendere tutti i processi in corso, in attesa di un esame approfondito da parte della nuova amministrazione. "Nell'interesse della giustizia e su richiesta del presidente degli Stati Uniti e del segretario alla Difesa Robert Gates - si legge in una mozione distribuita alla stampa - il governo chiede, rispettosamente, che le commissioni militari autorizzino un aggiornamento delle procedure nei casi menzionati fino al 20 maggio".

DEPUTATI CONTRARI - La richiesta di sospensione di 120 giorni è stata accolta dal giudice militare Stephen Henley, che ha in carico il processo contro cinque uomini accusati di avere organizzato l'attacco dell'11 Settembre, e dal collega Patrick Parrish, che si occupa del caso di Omar Khadr, un canadese arrestato 15 anni fa in Afghanistan per l'omicidio di un militare americano. Ma la decisione di fermare i processi viene osteggiata da alcuni imputati: sono quattro dei cinque presunti terroristi di Al Qaeda accusati di aver organizzato l'attacco dell'11 settembre 2001, tra cui Khalid Sheikh Mohammed, ritenuto la 'mente' dell'attentato. Durante un'udienza convocata per decidere proprio il futuro dell'iter giudiziario che li riguarda, hanno ribadito di essere responsabili per l'11 settembre e di desiderare l'esecuzione, come forma di "jihad" contro l'America. "Nel nome di Dio, vogliamo continuare a dichiararci colpevoli" ha detto Mohammed.

PROCEDURE ECCEZIONALI - Il dipartimento della Difesa ha inoltre annunciato che saranno completamente riviste le procedure di detenzione. Il sistema giudiziario eccezionale chiamato "commissioni militari" è stato istituito nel 2006 dall’amministrazione Bush per giudicare i prigionieri di Guantanamo perseguiti per crimini di guerra. Attualmente sono 21 gli imputati - 14 dei quali rinviati a giudizio - sui 245 detenuti totali. Il Pentagono ha già avviato una revisione di tutti i casi per valutare quali opzioni esistono per i processi o la scarcerazione. Un compito importante lo avrà il nuovo segretario di Stato, Hillary Clinton, appena il Congresso darà il via libera alla sua nomina.

FAMIGLIE VITTIME - La sospensione dei processi, accolta con soddisfazione dalle organizzazioni per i diritti civili che da anni si battono contro le 'commissioni militari' del Pentagono, ha suscitato invece la rabbia delle famiglie delle vittime dell’11 Settembre. "La gente deve sapere che il posto più sicuro per condurre queste udienze è qui, a Guantanamo" ha dichiarato Lorraine Arias, che perse un fratello nel World Trade center di New York.

21 gennaio 2009

 

 

 

 

Obama ripete il giuramento. In privato

Cerimonia per pochi intimi alla Casa Bianca dopo l'errore nel corso della manifestazione di insediamento

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E Obama incespica sul giuramento (20 gennaio 2009)

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IL VIDEO: l'errore nella formula pronunciata

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, giura una seconda volta in una cerimonia per pochi intimi alla Casa Bianca (Afp)

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, giura una seconda volta in una cerimonia per pochi intimi alla Casa Bianca (Afp)

WASHINGTON (Stati Uniti) - Quella parola: "faithfully" (fedelmente), invertita prima dal giudice della Corte suprema John Roberts e poi da Barack Obama, nella lettura della formula del giuramento di martedì poteva creare qualche problema per il futuro presidente. Diversi costituzionalisti americani avevano invitato l'inquilino della Casa Bianca a ripetere il giuramento: "come precauzione". Così è stato.

"FACCIAMOLO PIANO" - Il 44esimo presidente statunitense ha giurato una seconda volta mercoledì sera davanti allo stesso giudice della Corte suprema, John Roberts - ma in privato alla Casa Bianca. Obama, prima di iniziare, si è rivolto a Roberts scherzando: "Questa volta lo facciamo molto piano". Il giuramento è durato appena 25 secondi. Ha sgranato gli occhi e ha sorriso Barack Obama dopo che nella cerimonia ufficiale, a causa di un errore del giudice della Corte suprema John Roberts, la formula tradizionale era stata pronunciata in modo errato. Roberts aveva infatti cambiato per errore la posizione di una delle 35 parole del giuramento inducendo così Obama a pronunciare in modo inesatto la formula (GUARDA IL VIDEO). Secondo gli esperti, la Costituzione afferma senza ombra di dubbio che la formula debba essere recitata in modo esatto.

CERIMONIA NELLA MAP ROOM - John Roberts ha amministrato per la seconda volta il giuramento presidenziale mercoledì sera, alle 19.35. "Come precauzione", ha dichiarato il consigliere legale di Obama, Greg Craig. Il pronunciamento si è svolto (senza errori) privatamente nella "Map Room" della Casa Bianca, davanti ad un piccolo gruppo di reporter ed alcuni fedelissimi del presidente. Il presidente ha detto di non avere la sua Bibbia con se, ma che il giuramento sarebbe stato valido in ogni caso. "Non si discute la validità dell'insediamento - aveva spiegato mercoledì al Washington Post, Akhil Reed Amar, professore a Yale - ma, come precauzione, si potrebbe ripetere il giuramento in forma privata come già fecero i presidenti Calvin Coolidge e Chester Arthur".

Elmar Burchia

22 gennaio 2009

 

 

 

 

Quel che ci vuole per fare un Obama

Beppe Severgnini,

Anche i più cinici, disinformati e superficiali osservatori di cose americane ormai l'ammettono: il presidente Obama qualche qualità la possiede. Il Partito Democratico italiano, quando si riavrà dall'overdose di eccitazione e invidia, dovrà meditare. Esiste, al suo interno, un personaggio fresco, onesto e coerente? Un candidato in grado di motivare i giovani elettori? Un uomo o una donna in grado di ispirare e rassicurare? Qualcuno capace di far sembrare Silvio Berlusconi superato e ripetitivo?

Molti dirigenti del Pd pensano d'essere la persona giusta; e si domandano com'è possibile che tutti gli altri non se ne siano accorti. Proposta: analizziamo le carte vincenti del 44° presidente, e vediamo chi le possiede.

ASPETTO Francesco Rutelli. E' vero: per stazza, capello, storia e consorte l'uomo è più clintoniano che obamiano. Ma con un po' di palestra e qualche sorriso in più può ancora andare.

MOGLIE E FIGLI Enrico Letta. Gianna, oltretutto, non metterebbe mai quel vestito giallo.

NOVITA' Lanfranco Tenaglia. Come, non sapete chi è? Il ministro-ombra della giustizia: è nato nel 1961 come Obama.

PROGRAMMA Walter Veltroni. Le cose che dice Obama, e quelle ripetute dal leader Pd, non sono molto diverse. L'americano, però, sembra volerle fare.

CURIOSITA' Giovanna Melandri. La bionda signora, a far campagna elettorale negli Usa, c'è andata davvero, l'anno scorso. Ha capito che il partito democratico americano è una corazzata; poi è tornata a Roma a lucidare la sua scialuppa.

ECUMENISMO Arturo Parisi. Ulivista e unionista, ha sempre pensato che la sinistra non si debba dividere. Così facendo, ha diviso la sinistra (ma questo è un altro discorso).

SIMPATIA Pier Luigi Bersani. Uno tra i pochi che, in questo casino, sembra ancora divertirsi. Piacenza non è Chicago, ma bisogna accontentarsi.

AUTOSTIMA D'Alema.

UMILTA' Rosy Bindi. Tra tanti politici cattolici che spiegano, una che ogni tanto tace.

PAZIENZA Antonio Bassolino o Riccardo Villari. Gliene dicono di tutti i colori - comprensibilmente - ma loro - incomprensibilmente - non mollano.

POPOLARITA' Romano Prodi. Be', tutti sanno chi è.

TENACIA Renato Soru. L'uomo ha la testa dura: basalto sardo, come quello lavorato dello scultore Pinuccio Sciola.

REPUTAZIONE Sergio Chiamparino. In una parte d'Italia dove il centrosinistra, da anni, prende cazzotti, ha saputo schivare e spiegare.

INNOVAZIONE Nicola Zingaretti. La provincia di Roma, di cui è presidente, lancia la rete wireless in tutti i comuni: 500 hotspot gratuiti in biblioteche, piazze e parchi. Bel progetto, a patto che non resti un progetto.

Ecco: questo ircocervo politico qualche possibilità l'avrebbe. Ma se riunisse la novità di Prodi, la popolarità di Tenaglia, la reputazione di Bassolino, la pazienza di Soru e l'umiltà di D'Alema? Be', in questo caso Berlusconi potrebbe tornare a star traquillo.

Ammesso che sia mai stato preoccupato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Guantanamo e sicurezza

di Paolo Valentino

Ancora prima di sedersi nello Studio Ovale, Barack Obama ha preso di petto la questione urticante di Guantanamo, il carcere creato da George Bush per i presunti terroristi islamici. Mentre ancora Washington ne celebrava in cento balli l'insediamento, il nuovo presidente ha chiesto e ottenuto dai procuratori militari la sospensione fino al 20 maggio dei procedimenti legali contro i detenuti della prigione cubana e l'avvio di un riesame del sistema delle commissioni militari, instaurato dal predecessore.

In teoria è il primo passo verso lo smantellamento di una struttura controversa e odiosa, il corollario immediato del "rifiuto della falsa scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali", annunciato da Obama nel discorso inaugurale. Contemporaneamente, gli esperti della Casa Bianca hanno già stilato il testo di un ordine esecutivo, che prevede la chiusura del centro di detenzione entro un anno. Il presidente potrebbe firmarlo già oggi.

È evidente che la nuova Amministrazione sia determinata a riportare la lotta al terrorismo nella rule of law. E che l'obiettivo strategico di questo intervento sanatorio della politica nel campo giudiziario, da nessuno considerato uno scandalo, sia quello di restituire alle corti ordinarie (civili o marziali, questo resta da vedere) anche un tema minato come la lotta al terrorismo, che la pervasiva Casa Bianca di Bush e Cheney aveva invece sottratto alla giustizia ordinaria e allo Stato di diritto. Ma scegliendo di cominciare da una pausa di riflessione, da una valutazione caso per caso, Obama indica ancora una volta un approccio pragmatico e non ideologico.

Il presidente era stato chiaro pochi giorni fa, spiegando che bisogna sì processare i detenuti di Guantanamo, ove ve ne siano le condizioni giuridiche, ma "evitando di rimettere in circolazione gente che vuol farci saltare in aria". Concretamente, l'esito del riesame non è scontato. E, come scrive il Washington Post, "sarebbe anche possibile che l'Amministrazione scelga di riformare e di spostare altrove le commissioni militari, prima di riprendere i processi", non trasferendo cioè i detenuti ai tribunali federali o alle corti marziali per crimini di guerra.

Posto altrimenti, anche se buona parte dei circa 250 prigionieri fossero rilasciati e alla fine le disumane gabbie di Guantanamo cadessero in disuso, non è detto che il tanto esecrato sistema attuale sia del tutto abolito. Anzi, una delle opzioni all'esame della nuova Amministrazione è la creazione di "corti della sicurezza nazionale", dove sarebbe possibile usare anche prove ottenute con metodi coercitivi. I paladini dei diritti umani si mostrano preoccupati. Ma Barack Obama non vuol correre rischi. Da ex presidente della Harvard Law Review, difende l'habeas corpus. Ma, da presidente degli Stati Uniti, deve e vuole difendere la sicurezza del Paese. Anche al costo di avere una Guantanamo senza Guantanamo.

22 gennaio 2009

 

 

REPUBBLICA

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2009-01-21

Primo giorno da segretario di Stato per la Clinton accolta tra gli applausi

"Siamo tutti nella squadra americana, non tollereremo più divisioni"

Hillary al Dipartimento di Stato

"E' una nuova era per l'America"

Ribadita la formula dello 'smart power', il potere intelligente per rilanciare gli Usa

Hillary al Dipartimento di Stato "E' una nuova era per l'America"

Il saluto di Hillary Clinton ai dipendenti del Dipartimento di Stato

WASHINGTON - "E' iniziata una nuova era per l'America": lo ha detto Hillary Clinton rivolgendosi al personale del Dipartimento di Stato, oggi a Washington per il suo primo giorno da segretario di Stato al posto di Condolezza Rice. La nomina di Hillary è stata confermata ieri dal Senato. La Clinton ha prestato giuramento sulla bibbia appartenuta a suo padre.

Ad accogliere il 67esimo segretario di Stato, quando è entrata nel palazzo di Foggy Bottom, il quartiere di Washington che si trova nei pressi del memoriale di Abramo Lincoln, una folla di persone che le hanno riservato un lungo applauso. Dopo avere salito, come una vera stella di Hollywood e sempre tra gli applausi, lo scalone che porta al primo piano del palazzo, Hillary ha ascoltato le parole di benvenuto dei rappresentanti del personale e dei diplomatici. "A nome dei ventimila dipendenti del dipartimento di Stato, delle ambasciate e dei consolati americani nel mondo, siamo fieri di darle il benvenuto al dipartimento di Stato", ha detto un portavoce.

Il nuovo segretario di Stato, sottolineando che nel pomeriggio (attorno alle 13,50, le 19,50 in Italia) il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il vicepresidente Joe Biden saranno al Dipartimento, ha ribadito di volere collaborare con il nuovo inquilino della Casa Bianca per mantenere le promesse fatte al Paese. "Siamo tutti nella squadra americana, non tollereremo più divisioni", ha detto la Clinton, aggiungendo che "sarà una grande avventura, ci saranno ostacoli difficili, ma non falliremo nel fare il massimo per il Paese".

Hillary Clinton si è detta "assolutamente onorata ed emozionata" per l'incarico ricevuto, sottolineando di volere fare il massimo possibile per "assicurare il futuro del Paese anche attraverso la diplomazia", collaborando con il presidente degli Stati Uniti. "Credo con tutto il cuore che sia una nuova era per l'America", ha detto, aggiungendo di "non pensare solo a ciò che minaccia il Paese, che pure è reale e serio", ma di pensare "anche a quello che possiamo fare con impegno, collaborazione e dedizione".

"Durante la mia audizione in Senato ho parlato spesso di 'smart power' (il potere intelligente che dovrebbe fare appello a tutti gli strumenti di influenza a disposizione di uno Stato al di là della diplomazia tradizionale o dell'uso della forza), ma alla base del potere intelligente ci sono le persone intelligenti e voi siete quelle persone", ha detto la Clinton, auspicando un clima di dialogo e confronto costruttivo all'interno del Dipartimento.

(22 gennaio 2009)

 

 

 

L'ANALISI. La metà degli aiuti del piano Paulson

sono già andati in fumo per ripianare i buchi di bilancio

Disperata corsa contro il tempo

per non sprecare bonus da 800 mld

di FEDERICO RAMPINI

Disperata corsa contro il tempo per non sprecare bonus da 800 mld

LO SCIAGURATO ritorno dei dissesti bancari costringe Obama appena in carica a occuparsi di una crisi già vecchia e coriacea, contro la quale diverse terapie sono fallite negli ultimi mesi. Questo accade mentre restano aperti seri dubbi anche sulla maximanovra da 825 miliardi di dollari che punta a rianimare l'economia reale. Il neopresidente deve riuscire a "spremere" idee innovative da una squadra economica che in parte ha cogestito con l'Amministrazione Bush gli interventi di emergenza degli ultimi mesi. Questi primi ostacoli ieri erano condensati nell'audizione al Senato di Timothy Geithner, futuro segretario al Tesoro, colui che Obama ha messo in prima linea nella battaglia per scongiurare una depressione.

Il senatore repubblicano Jim Bunning ha messo il dito sulla piaga quando ha detto a Geithner: "Lei è coinvolto in tutti i salvataggi falliti finora". In effetti il ministro in pectore dell'Economia è stato fino a ieri al vertice della banca centrale, praticamente il numero due di Ben Bernanke. Geithner ha diretto la Federal Reserve di New York, che nella ripartizione dei compiti all'interno della banca centrale è il braccio operativo più vicino ai mercati, a Wall Street, ai colossi del credito. Se si ricostruiscono ritardi, errori e manchevolezze delle autorità di controllo nel corso di questa crisi, le "impronte digitali" di Geithner si trovano un po' dappertutto. Obama lo ha scelto perché convinto della sua competenza; non si può certo dire che sia un outsider. A chi gli ha chiesto se la vigilanza della Fed di New York avrebbe dovuto essere più efficace, Geithner ha risposto secco: "Assolutamente sì".

Non interessa più tanto il processo al passato, quanto la capacità di Geithner (e Larry Summers, capo dei consiglieri economici della Casa Bianca) di uscire dall'impasse in cui si trova l'operazione-salvataggio del sistema bancario. La realtà è sotto gli occhi di tutti, dopo le voragini di perdite nuove che sono state rivelate la settimana scorsa da Citigroup e Bank of America: la metà del piano Paulson (350 miliardi di aiuti di Stato per il settore creditizio) è andata in fumo, sprecata per ripianare dei buchi di bilancio che in realtà continuano ad allargarsi. Come non bastasse, lo stesso Geithner ha ammesso che "finora i fondi pubblici hanno favorito i colossi finanziari, non le piccole imprese né le famiglie in difficoltà". Geithner ha promesso un cambio di rotta "fondamentale e immediato" ma non ha fornito dettagli.

La nuova Amministrazione continua ad oscillare tra due ipotesi estreme. La prima è la nazionalizzazione secca delle grandi banche, che avrebbe almeno il vantaggio di dare il comando all'unico azionista che mette i capitali nelle aziende di credito (cioè lo Stato). Pesano però le perplessità sul da farsi dopo: nessuno ha voglia di mettere un esercito di burocrati federali a gestire le banche. I banchieri sono stati in gran parte incompetenti (o peggio), ma non esiste un esercito di riserva di banchieri alternativi che si scaldano in panchina. La seconda ipotesi è la creazione di una grande "bad bank" di Stato, un'azienda-contenitore di titoli-spazzatura, che comprerebbe dalle banche quella montagna di derivati, titoli strutturati e crediti cartolarizzati a cui nessuno riesce a dare più un valore perché sono invendibili sul mercato. Problema: se la bad bank pubblica è troppo generosa nel valutare quei titoli il contribuente subisce altre perdite colossali; se li paga troppo poco, riparte la spirale delle perdite nei bilanci delle banche.

Un altro intervento a cui Obama tiene molto è il varo immediato di un piano da 100 miliardi per arginare la marea dei pignoramenti di case. Indirettamente aiuterebbe le stesse banche. Se si fermano i pignoramenti, dovrebbe arrestarsi anche il collasso dei prezzi immobiliari, causa primaria del crollo di valore dei titoli legati ai mutui. Anche questo però sarà un processo lungo e tortuoso. Il nesso fra mutui e bilanci bancari è complicato dal fatto che i prestiti immobiliari sono stati triturati in tanti spezzatini irriconoscibili. In quanto al prezzo delle case, un recente studio sul mercato di Manhattan valuta che lì debbano scendere ancora dal 20% al 40% prima di ritrovare un valore normale.

Anche l'impianto della manovra anti-recessiva da 825 miliardi deve passare esami severi. I due contenuti finora noti sono una riduzione una tantum di imposte sul reddito (1.000 dollari per le famiglie, 500 per i single) e vasti investimenti in infrastrutture. Gli sgravi alle famiglie però saranno probabilmente usati per ridurre i debiti personali, non rilanceranno i consumi. E gli investimenti in infrastrutture normalmente richiedono qualche semestre di tempo, se non anni, per essere realizzati. Nel frattempo nel corso del 2009, secondo nuove stime del Congresso che includono la disoccupazione nascosta, un americano su sei rischia di essere senza lavoro.

(22 gennaio 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 44esimo presidente degli Stati Uniti ha giurato al Campidoglio

E' il primo afroamericano: "60 anni fa mio padre non poteva entrare in un ristorante

"Il mondo è cambiato, ora tocca a noi"

America in festa, inizia l'era Obama

Nel discorso inaugurale ha chiamato i suoi concittadini ad una

nuova era di responsabilità e ha promesso speranza

di ALESSIA MANFREDI

"Il mondo è cambiato, ora tocca a noi" America in festa, inizia l'era Obama

Barack Obama

"Il mondo è cambiato, ora tocca a noi". Chiedendo all'America una "nuova era di responsabilità", riconoscendo le sfide grandi e reali che il Paese si trova ad affrontare, promettendo che saranno superate e che "l'America è pronta a guidare di nuovo il mondo", Barack Obama è diventato oggi il 44esimo presidente degli Stati Uniti. Sotto gli occhi di oltre due milioni di persone che hanno affollato il Mall mettendosi in fila prima dell'alba in una Washington blindata e sottozero, dando vita ad una folla allegra, che ha più volte invocato il suo nome, il primo afro-americano a sedere sulla poltrona più prestigiosa della terra ha prestato solenne giuramento.

Il giuramento sulla bibbia di Lincoln. Davanti al presidente della Corte Suprema John Roberts, Obama ha pronunciato le 35 parole previste dalla Costituzione americana con la mano sulla bibbia di Lincoln retta dalla moglie Michelle, e la storia dell'America è cambiata per sempre. La controversa era Bush si è conclusa, aprendo la porta a quella di Obama, carica di speranza. In un'atmosfera di festa, tra le esibizioni di artisti come Aretha Franklin, Itzhak Perlman e Yo-Yo Ma, il sogno del reverendo Martin Luther King si è realizzato, qualcosa che solo fino a pochi mesi fa sembrava impossibile.

IL DISCORSO INTEGRALE: ITALIANO - INGLESE

"Dobbiamo rimetterci in piedi per rifare l'America". "Siamo qui perché abbiamo scelto la speranza contro la paura e dobbiamo rimetterci in piedi per rifare l'America", ha detto Obama durante il suo primo discorso da presidente. Un cambiamento di rotta che dovrà passare attraverso tutte le questioni che negli otto anni di amministrazione Bush hanno alienato agli Stati Uniti le simpatie dell'opinione pubblica mondiale. Diciotto minuti esatti durante i quali Obama, in tono asciutto e grave, con un attimo di esitazione dovuto ad un errore del giudice che ha sbagliato la formula, per poi correggersi, ha toccato molti temi, offrendo una mano tesa ai moderati del mondo islamico, con i quali andrà ricercata ''una nuova strada'' di rapporti, e promettendo allo stesso tempo guerra ai terroristi. Il successore di Bush ha ribadito la necessità di lasciare l'Iraq per consegnarlo alla sovranità del ''suo popolo'' e di concentrarsi sull'Afghanistan. E non ha trascurato di sottolineare l'eccezionalità del momento, ricordando come solo 60 anni fa una persona come suo padre "non sarebbe neppure stata servita al ristorante". "A partire da oggi dobbiamo migliorarci, dobbiamo spazzare via la polvere e iniziare il lavoro per ricostruire l'America'', ha detto, ponendo l'accento sulla responsabilità.

La giornata. La lunga giornata, che marca l'apice dei festeggiamenti iniziati quattro giorni fa per l'inauguration day, con l'arrivo di Obama in treno a Washington da Philadelphia sulle tracce di Lincoln, è iniziata presto per il nuovo inquilino della Casa Bianca. Alle 8 Barack Obama insieme alla moglie Michelle - classico completo scuro e cravatta rossa lui, audace abito giallo-oro della stilista cubana Isabel Toledo per lei - si è recato alla chiesa episcopale di St. John dove ha assistito ad una funzione. Da qui la nuova first couple, accompagnata dal vicepresidente Joe Biden e signora, è andata alla Casa Bianca per un caffè offerto dal presidente uscente, come da tradizione. George W. Bush e la moglie Laura li hanno accolti calorosamente per poi accompagnarli in Campidoglio per il giuramento. Bush, che ha viaggiato in auto con Obama fino al Campidoglio e, dopo la cerimonia ha lasciato Capitol Hill in elicottero, ha così detto addio alla Casa Bianca, dove questa sera, al termine di un tour de force fra pranzo al Congresso, parata su Pennsylvania Avenue e numerosi balli serali, entrerà con la sua famiglia il nuovo presidente.

Applausi per Michelle, Malia e Sasha. La moglie Michelle, le figlie Malia e Sasha, la madre di Michelle Marian Robinson, che si trasferisce a Washington con loro per tenere d'occhio le bambine e garantire una vita il più possibile normale alle piccole, sono state accolte da un lungo, caloroso applauso sul palco del Campidoglio e hanno seguito il giuramento emozionate. Moltissime le personalità politiche presenti, a partire dagli ex presidenti Bush Senior, George W. Bush, Jimmy Carter e Bill Clinton, che è arrivato a braccetto di Hillary, ex nemica di Barack Obama durante la stagione infuocata delle primarie e oggi segretario di Stato della sua amministrazione. Moltissima anche la gente comune, che ha fatto di tutto per non mancare all'appuntamento con la storia.

Paura per Kennedy al pranzo. Attimi di paura al pranzo ufficiale al Congresso, dove il senatore Ted Kennedy si è sentito male ed è stato portato via in barella dopo un attacco di convulsioni. Il vecchio patriarca, che ha 76 anni, soffre di un tumore al cervello. Il neopresidente è subito accorso al suo tavolo e ha detto: "Le mie preghiere sono con lui". Anche il senatore Robert Byrd, 91 anni, è stato male al pranzo ma dal suo ufficio sono subito arrivate rassicurazioni: si è trattato solo di un malore passeggero.

A piedi fra la gente. Dopo il rinfresco, su una Pennsylvania Avenue gremita da migliaia e migliaia di cittadini, ha preso il via la parata, con in testa la limousine presidenziale targata "US1". Salutando la folla, mano nella mano con la moglie Michelle, il presidente ha percorso a piedi un lungo tratto di strada prima di risalire sull'auto blindata, per poi arrivare alla nuova residenza ufficiale. Davanti alla Casa Bianca sono scesi di nuovo: tanti applausi, entusiasmo e grida da rock star. Barack e Michelle sono risaliti in macchina a poca distanza dai cancelli di quella che sarà la loro casa per i prossimi 4 anni. Ultima corvé serale per gli Obama, l'apparizione a dieci balli inaugurali dove hanno promesso di passare.

Misure di sicurezza eccezionali. La città è stata invasa dalla folla sin dalle prime ore del mattino fra misure di sicurezza eccezionali: un apparato senza precedenti per garantire che l'insediamento del primo presidente afro-americano procedesse senza intoppi. Lo spettro di una possibile azione terroristica o del gesto di un folle non ha abbandonato mai, neppure per un giorno, Obama sin dai primi giorni della campagna elettorale. E oggi l'Fbi ha rivelato di aver ricevuto la segnalazione di un possibile attentato da parte di un gruppo islamico somalo, al Shabaab. Minacce definite "incerte" e poco credibili, che hanno però gettato un'ombra cupa sull'Obama day.

(20 gennaio 2009)

 

 

L'UNITA'

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2009-01-21

Guantanamo, Obama fa di più Oggi l'ordine per la chiusura

È atteso per la giornata di oggi l'ordine di servizio da parte del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, per l'avvio dell'iter per la chiusura del controverso carcere di Guantanamo entro un anno. Lo hanno reso noto in serata alcuni media americani che citano fonti interne al Congresso, precisando anche che l'ordine di Obama dovrebbe riguardare anche le nuove procedure in materia di interrogatori di sospetti di terrorismo.

Come primo provvedimento, mercoledì, Obama aveva bloccato i processi per i detenuti di Guantanamo per 4 mesi.

L'amministrazione Bush era stata spesso accusata di permettere alla Cia di procedere con tecniche di interrogatorio che sconfinavano nella tortura.

In campagna elettorale Barack Obama aveva invece promesso che tra le decisioni che avrebbe preso qualora fosse diventato presidente, tra le prime vi sarebbero state proprio la chiusura di Guantanamo e la messa al bando della tortura.

Una riunione con la sua squadra economica per mettere a punto il piano di rilancio, una con il consiglio di sicurezza per discutere "i prossimi passi in Iraq ed Afghanistan" e, naturalmente, la situazione in Medio Oriente: questi i principali impegni sull'agenda di Barack Obama nel primo giorno della sua presidenza. Il neo presidente ha promesso oggi di adoperarsi in vista "di una pace durevole" in Medio Oriente nel corso di una telefonata con il presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen, la prima - hanno precisato fonti della casa Bianca - fatta da Obama a un leader internazionale dopo l'investitura ufficiale, avvenuta ieri a Washington.

"Il presidente dell'Anp, Abu Mazen, ha ricevuto mercoledì una telefonata del neo presidente americano Barack Obama, che gli ha promesso il suo impegno per la pace in Medio Oriente", ha annunciato il capo dei negoziatori palestinesi, Saeb Erakat, alla tv satellitare al-Jazeera. "Obama ha affermato di voler lavorare insieme al presidente dell'Autorità nazionale palestinese - ha aggiunto - per garantire la pace nella regione". Il presidente Barack Obama ha espresso inoltre in una serie di telefonate a leader del Medio Oriente la sua determinazione "a lavorare per aiutare a consolidare il cessate il fuoco" a Gaza.

Alla riunione del Consiglio di Sicurezza convocata ha partecipato anche il generale David Petraeus, capo del Comando centrale americano, già comandante in capo delle forze americane a Baghdad. Durante l'incontro si parlerà di presenza militare in Iraq e Afghanistan: Obama dovrebbe chiedere ai comandanti un piano per il ritiro delle truppe combattenti dall'Iraq in 16 mesi, come promesso durante la sua campagna elettorale. Petraeus è appena rientrato dal suo viaggio in Afghanistan e Pakistan, di cui riferirà al presidente Obama.

Quanto alla situazione a Gaza, secondo la stampa americana, potrebbe arrivare subito la nomina George Mitchell ad inviato in Medio Oriente. L'ex senatore del Maine, 75 anni, sarebbe il primo esponente politico con origini arabe a ricoprire un simile incarico. Suo padre, Joseph Kilroy, era un orfano irlandese che fu adottato da una famiglia libanese che aveva anglicizzato il cognome in Mitchell. Sua madre, Mary Saad, era un'immigrata libanese che lo ha allevato nella fede cristiana maronita. Mitchell è un esperto negoziatore, nominato nel 1995 inviato speciale degli Stati uniti per il processo di pace nell'irlanda del nord.

21 gennaio 2009

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-01-21

Obama, priorità: la pace in Medio Oriente

e il rilancio dell'economia

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21 gennaio 2008

(EPA)

Il neo presidente subito al lavoro: le sue prime telefonate ad Abu Mazen, Olmert, Mubarak e Abdallah II di Giordania. Intanto ordina la sospensione dei processi a Guantanamo, che sarà chiusa entro la fine del 2009

Il presidente Barack Obama ha fatto a quattro leader del Medio Oriente le sue prime telefonate dall'Ufficio Ovale chiamando il palestinese Abu Mazen, il premier israeliano Ehud Olmert, il presidente egiziano Hosni Mubarak, il sovrano giordano Abdallah II in vista "di una pace durevole". Obama aveva detto più volte, nelle ultime settimane, che intendeva fare della ricerca della pace in Medio Oriente una delle priorità della sua amministrazione. Il nuovo presidente ha voluto lanciare un messaggio dedicando le sue prime telefonate agli esponenti del Medio Oriente più direttamente coinvolti nel problema israelo-palestinese. Barack Obama sta esaminando anche la nomina di un inviato speciale per il Medio Oriente, con l'ex-senatore George Mitchell favorito. L'ex-presidente George W. Bush era stato criticato per avere dedicato piena attenzione alla questione della pace in Medio Oriente solo nella fase finale del suo mandato.

Come da tradizione delle cerimonie di inaugurazione di tutti i presidenti americani anche il primo giorno di lavoro di Obama, mercoledì 21 gennaio, è iniziato con una preghiera pubblica nella cattedrale di Washington dove si è recato con la famiglia Obama, assieme a quella del vicepresidente Joe Biden. Subito dopo il neo presidente ha incontrato i principali consulenti economici e militari alla Casa Bianca. "Oggi si festeggia ma domani si comincia a lavorare", aveva detto martedì sera durante uno dei balli durati fino a tarda notte, ma che non hanno impedito ad Obama di affrontare fin dalle prime ore del mattino l'agenda degli appuntamenti.

Guantanamo: stop ai processi per quattro mesi. Obama ha pronto per la firma un ordine esecutivo che prevede la chiusura della prigione di Guantanamo entro l'anno. Lo indicano fonti della nuova amministrazione, citate in forma anonima dai media negli Usa. Non è chiaro quando ci sarà la firma. Da subito, però, su ordine del nuovo presidente degli Stati Uniti, i pubblici accusatori dei tribunali di Guantanamo per i crimini di guerra hanno chiesto ai giudici militari di "congelare" per quattro mesi i casi pendenti. Lo riferisce una fonte giudiziaria. A Guantanamosi sta preparando, fra l'altro, il processo contro cinque presunti responsabili dell'11 settembre, che rischiano tutti la pena di morte. "Nell'interesse della giustizia e su richiesta del presidente degli Stati Uniti e del segretario alla Difesa Robert Gates - si legge in una nota distribuita alla stampa - il governo chiede, rispettosamente, che le commissioni militari autorizzino un aggiornamento delle procedure nei casi menzionati fino al 20 maggio". La mozione della pubblica accusa sarà presentata a due giudici: il primo, Stephen Henley, ha in carico il processo contro cinque uomini accusati di avere organizzato l'attacco dell'11 settembre. Il secondo, Patrick Parrish, si occupa del caso di Omar Khadr, un canadese arrestato 15 anni fa in Afghanistan per l'omicidio di un militare americano. Il presidente Obama aveva promesso che la chiusura della prigione di Guantanamo sarebbe stata uno dei suoi primi atti una volta alla Casa Bianca. Egli ha dunque deciso di cominciare sospendendo il sistema giudiziario istituito nel 2006 dall'amministrazione Bush per giudicare i detenuti di Guantanamo perseguiti per crimini di guerra.

Contro la crisi economica. C'è ovviamente anche la crisi in cima ai pensieri nel "day one" del presidente Obama. Salutato nel giorno del suo insediamento da una chiusura molto negativa di Wall Street, ha organizzato per oggi una riunione con gli adviser economici per mettere a punto il piano di rilancio per banche e economia. Con 11 milioni di americani senza lavoro e miliardi di dollari andati in fumo sui mercati azionari, nel suo discorso inaugurale Obama ha sottolineato la necessità di rimettere in sesto "con un'azione rapida" l'economia, piegata da due guerre e una recessione. Gli interventi più urgenti sono il varo del piano di stimolo fiscale da 825 miliardi. Miliardi che potrebbero aumentare se sarà confermato l'obiettivo di aumentare di 3-4 milioni i posti di lavoro. Gli interventi per risolvere i problemi delle banche americane insolventi con nuove regole e un sistema di controlli e garanzie efficaci. Gli interventi a favore di chi ha un mutuo ma non riesce più a pagare le rate, anche per arginare i pignoramenti che spingono al ribasso il mercato immobiliare.

Ritiro Iraq. Alla riunione del Consiglio di sicurezza parteciperà anche il generale David Petraeus, capo del Comando centrale americano, già comandante in capo delle forze americane a Baghdad. Durante l'incontro si parlerà di presenza militare in Iraq e Afghanistan: Obama dovrebbe chiedere ai comandanti un piano per il ritiro delle truppe combattenti dall'Iraq in 16 mesi, come promesso durante la sua campagna elettorale. Petraeus è appena rientrato dal suo viaggio in Afghanistan e Pakistan, di cui riferirà al presidente Obama.

Un senatore di origini arabe inviato per il Medio Oriente. Obama rivolgerà l'attenzione anche al Medio Oriente: secondo la stampa americana, potrebbe arrivare quanto prima la nomina George Mitchell a inviato in Medio Oriente. L'ex senatore del Maine, 75 anni, sarebbe il primo esponente politico con origini arabe a ricoprire un simile incarico. Suo padre, Joseph Kilroy, era un orfano irlandese che fu adottato da una famiglia libanese che aveva anglicizzato il cognome in Mitchell. Sua madre, Mary Saad, era un'immigrata libanese che lo ha allevato nella fede cattolica maronita. Mitchell è un esperto negoziatore, nominato nel 1995 inviato speciale degli Stati uniti per il processo di pace nell'irlanda del nord. Nel 2000, verso la fine dell'amministrazione Clinton, fu incaricato di guidare una commissione internazionale per indagare sulle cause della violenza in Medio Oriente.

Il neo presidente subito al lavoro: le sue prime telefonate ad Abu Mazen, Olmert, Mubarak e Abdallah II di Giordania. Intanto ordina la sospensione dei processi a Guantanamo, che sarà chiusa entro la fine del 2009

 

 

 

Bad bank e nazionalizzazione?

Allo studio la soluzione alla crisi

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21 gennaio 2009

All'indomani dell'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, la grande stampa americana, dal Wall Street Journal al New York Times, si chiede ovviamente cosa farà la nuova Amministrazione per porre la parola fine alla crisi finanziaria. Per caso, si chiede la Bibbia della Finanza, la soluzione sarà una ulteriore nazionalizzazione delle banche?

Obama, scrive il New York Times, non ha una soluzione veloce per risanare il sistema finanziario, e un piano dettagliato del Tesoro non sembra ancora pronto. Nessuna opzione è comunque esclusa. Anzi, il dipartimento del Tesoro farà il possibile per evitare di ripetere l'errore commesso da Henry Paulson, che prima ha comunicato un piano per acquistare gli asset più rischiosi e tossici delle banche, e che poi ha fatto dietrofront optando per un'altra soluzione: quella che ha visto il governo Usa entrare nel capitale degli istituti. È questa serie di ripensamenti, che rischiano di confondere ulteriormente i mercati, che Obama vuole evitare.

Di qui, l'intenzione di sondare le opzioni disponibili in modo attento. La nazionalizzazione del sistema finanziario Usa appare al momento l'ultima opzione a cui ricorrere. Tuttavia, le altre opzioni sul tavolo - scrive il Wall Street Journal - indicano che probabilmente è quella la direzione verso cui gli Stati Uniti continueranno ad andare. Un'idea che i funzionari del nuovo governo di Obama stanno vagliando è per esempio quella di permettere all'amministrazione di acquistare titoli convertibili emessi dagli istituti finanziari: una manovra, questa, che ovviamente consentirebbe al governo di ottenere nuove quote nel capitale delle banche, sotto forma tra l'altro di azioni ordinarie.

L'esistenza di questa opzione è stata proprio una delle ragioni che ieri hanno affossato i mercati. Da segnalare infatti che la conversione dei titoli in azioni ordinarie si traduce in una diluizione delle azioni e in una riduzione del loro valore. E dunque, anche in una maggiore difficoltà da parte delle banche stesse di attrarre investitori privati, che già sono riluttanti a investire in banche le cui azioni ordinarie hanno visto bruciare gran parte del loro valore. Come scrive anche il Wall Street Journal, insomma, "con il valore di mercato di molte società che evapora, (il Governo) potrebbe non avere altre alternative per raccogliere denaro" a favore di queste banche, se non attraverso la loro nazionalizzazione.

Per ora, come scrive anche il New York Times, i funzionari del nuovo governo di Obama sono quasi certi che il sostegno alle banche sarà strettamente connesso all'erogazione di aiuti fino a 100 miliardi di dollari per ridurre il numero di casi di cittadini che perdono il diritto di proprietà sulle proprie abitazioni. Due obiettivi che non sono tra l'altro in conflitto, scrive il quotidiano newyorchese, in quanto le banche beneficerebbero della riduzione di questi casi soffrendo minori erosioni negli asset legati al mercato dei mutui che detengono.

Tra le altre opzioni, anche quella di ritornare al piano originario di Paulson, teso a "ripulire" i bilanci delle banche dagli asset più tossici. Il governo sta considerando infatti l'eventualità di acquistare questi asset, facendoli poi convogliare in una sorta di "bad bank" finanziata dalla stessa amministrazione. Un azzardo? per qualcuno, con il baratro ormai a due passi, a questo punto potrebbe essere questo, invece, "il male minore".

 

 

 

 

 

Geithner: "Cambieremo il piano Paulson

entro poche settimane"

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21 gennaio 2009

Obama, priorità: Medio Oriente e rilancio dell'economia

Geithner / Al Senato chiede scusa per l'evasione fiscale (di Mario Platero)

Bad bank o nazionalizzazione? Tutte le ipotesi in campo

Il primo discorso del 44° presidente degli Stati Uniti

Le cinque tecnologie "proibite" di Obama

Il piano di rilancio economico dell'amministrazione Obama "arriverà in poche settimane". Lo ha detto Timothy Geithner, segretario in pectore al Tesoro americano, in sostanza il futuro ministro dell'Economia. Geithner, si è impegnato davanti al Senato, durante l'audizione di conferma della sua nomina, a combattere "con forza" e "rapidità" la recessione per "rimettere in piedi l'economia e rinnovare la fiducia degli americani". Del resto non c'è più tempo: la crisi sta determinando "una catastrofica perdita di ricchezza e fiducia".

Il successore di Henry Paulson, che si è scusato per vecchi problemi fiscali, ha indicato alcuni punti della terapia possibile, in primis il fatto che gli Stati Uniti devono agire "rapidamente e fornire sostegno per il rilancio dell'economia e del credito". In questo senso Geithner ha detto che il programma Tarp (Toubled assets relief program) da 700 miliardi di dollari ha bisogno di "riforme fondamentali" per andare incontro alle imprese in difficoltà e alle famiglie.

Geithner ha poi esposto gli altri punti principali della sua azione futura qualora la commissione del Senato confermi la nomina. Innanzitutto, il possibile futuro segretario del Tesoro ha insistito sugli investimenti necessari per la "modernizzazione delle infrastrutture".

Geithner ha auspicato il ritorno a una spesa pubblica più sostenibile, anche per non minare la fiducia nel dollaro, il che si tradurrebbe in una maggiore oculatezza una volta tornata la crescita. Infine, il futuro segretario ha difeso la necessità di una riforma del sistema finanziario "affinché l'economia americana e quella mondiale non debbano più affrontare una crisi di tale gravità. Geithner ha inoltre dichiarato di non aver ancora pronto un piano completo per affrontare le difficoltà delle banche. "Speriamo di arrivarci presto", ha detto.

Perfino più esplicito sulla gravità della situazione Paul Volcker, l'ex presidente della Federal Reserve nominato da Barack Obama alla guida della Commissione per la Ripresa Economica. "Siamo in una severa recessione, della quale apparentemente non si vede la fine. Il sistema finanziario è a pezzi: siamo nel mezzo della madre di tutte le crisi. Secondo Volcker, per superare la crisi ci vorranno "alcuni trilioni di dollari".

Intanto il presidente degli Stati Uniti nel suo primo giorno alla Casa Bianca, si è messo subito al lavoro per affrontare il problema della crisi economica, che ha prodotto già due milioni e mezzo di disoccupati. Nell'agenda odierna di Obama c'era un incontro con i propri consulenti economici, proprio mentre il futuro segretario al Tesoro era in Senato per l'audizione di conferma della sua nomina.

La situazione da gestire, come detto, è molto spinosa: Obama dovrà decidere, infatti, come utilizzare la seconda metà del Tarp varato dall'amministrazione Bush e dovrà fare in modo di ottenere il via libera del Congresso americano, possibilmente entro le prossime tre settimane, su un secondo piano di incentivi per l'economia, che potrebbe avere un valore di 825 miliardi di dollari.

Nel complesso la doppia manovra dà al 44esimo presidente degli Stati Uniti risorse, e responsabilità, senza precedenti per cercare di fare uscire il Paese dalla recessione. "Non sarà facile. Servono azioni coraggiose e rapide", ha detto ieri il presidente durante il discorso pronunciato in Campidoglio dopo il giuramento.

 

 

 

 

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